venerdì 10 aprile 2009
Il terremoto dell'Aquila del 6 aprile 2009 e il problema della previsione degli eventi sismici
Il terremoto del 6 aprile 2009 all'Aquila ha suscitato un acceso dibattito in Italia sulle possibilità di poter prevedere i grandi eventi sismici. La previsione dei terremoti è stata un sogno di molti persone che si occupano in capacità professionale o come dilettanti delle scienze della terra, e quindi un evento come quello del 6 aprile 2009 può manifestarsi come se fosse un'opportunità d'oro per dimostrare che il problema sia risolvibile. Purtroppo, la previsione dei terremoti è un campo ricco di mezze verità, vicoli cechi, approssimazioni e delusioni. Esso viene offuscato ancora di più da periodiche dichiarazioni provenienti da ciarlatani che, di fronte al pubblico e ai mass media, riescono ad simulare una sembianza di credibilità (Dearing e Kazmierczak 1993). E' comprensibile che il pubblico a rischio, le pubbliche autorità delle zone sismiche e gli stessi ricercatori tengano alla speranza che ci sia un metodo attendibile di preavvisare le popolazioni di un evento sismico imminente, ma la realtà è assai più complessa.
Nell'ottica delle dichiarazioni del dott. Giampaolo Giuliani sulle anomalie nei flussi di radon che hanno preceduto il sisma abruzzese (La Repubblica 2009), e del successivo dibattito sull'attendibilità del radon come indicatore di sismicità, l'obiettivo di questo breve articolo è di chiarire alcuni aspetti del problema della previsione dei terremoti. Farò riferimento ad osservazioni ricavate dalla letteratura fisica e sociale sul preavviso delle calamità naturali e associate questioni operative.
La previsione dei terremoti
La previsione dei terremoti può essere divisa tra iniziative legate ali periodi di lungo, medio e corto termine. Per quanto riguarda il lungo termine, esistono buoni modelli della sismicità dell'Appennino centrale che facilitano la conoscenza dettagliata delle zone sismiche e quindi delle aree a rischio (Galadini e Gallo 2000). Con riferimento al medio termine, gli intervalli di ricorrenza di terremoti di un determinato potere distruttivo sono conosciute (Costa et alii 1995).
Occorre ricordare, comunque, che la registrazione degli eventi sismici e la continua pubblicazione di nuove ricerche geofisiche contribuiscono a raffinare il modello geotettonico tale da rendere necessarie periodiche revisioni alla normativa antisismica per i comuni interessati. In questo modo, l'area più interessata dal terremoto di aprile 2009 è stata inserita nella prima categoria sismica (di massimo rischio) da poco tempo. Data la mancanza di attivi programmi di seismic retrofit, pochissimi edifici erano stati adeguati alle nuove norme. Infatti, le norme sismiche hanno il comune difetto di non tutelare edifici preesistenti che in molti casi costituiscono la maggior parte del patrimonio edilizio e soprattutto di quello a maggior rischio.
Il radon e la previsione a corto termine
La previsione a corto termine riferisce alla possibilità di riconoscere i segni premonitori di un evento sismico con giorni o ore di anticipo rispetto all'avvenimento della scossa principale, tale da poter emettere un preavviso alle popolazioni a rischio con abbastanza tempo per sollecitare un'apposita reazione sociale a favore dell'autoprotezione.
Il radon (Rn-222) è un elemento pesante e radioattivo che appartiene alla categoria dei gas nobili o inerti. Esso è presente in molte formazioni di roccia è può trasfersi da questi al suolo, in forma di gas pesante, oppure disciolto nelle acque freatiche, o in forma di ossidi con il carbonio o il fluoruro.
Nel modello classico della generazione di un terremoto, avviene un acceso processo di microfessurazione nella zona della crosta terrestre dove nasce il sisma. La costante apertura e chiusura di piccole fessure può emettere radon dalle rocce e farlo accumulare nelle acque freatiche e, in forma gassosa, nel suolo. Gli imponenti processi di deformazione nell'area della faglia sotto stress possono causare un sostanzioso aumento del flusso di radon, seguito ad ore prima dello scuotimento forte da una brusca attenuazione, nel periodo in cui il movimento della faglia comincia di dilagarsi dinamicamente e le piccole fessure si chiudono (Scholz et alii 1973).
I metodi di monitoraggio del flusso di radon sono stati messi a punto negli anni '70 (ad es. Noguchi e Wakita 1977) e da allora sono stati praticati in molte zone sismiche del mondo, con continui miglioramenti della precisione degli strumenti (Planinic et alii 2004). Così, in India tramite il monitoraggio di gas radon nel suolo e il contenuto di radon di alcune acque freatiche Virk e Singh (1994) sono riusciti ad individuare la "sigla" di un terremoto di magnitudo 6,5-7,0 una settimana in anticipo della scossa. Igarashi et alii (1995) hanno trovato anomalie nel flusso di radon per mesi prima del terremoto di Kobe, Giappone, 1995, con un picco di questa attività nove giorni prima della scossa principale. Il ricercatore islandese Hauksson (1981) ha avanzato l'ipotesi che più grande sarà l'eventuale terremoto, più territorio sarà interessato da anomalie del flusso di radon.
Malgrado diverse storie di successo nel monitoraggio del radon come precursore dei terremoti, in uno studio di Hauksson e Goddard sul radon nelle acque freatiche davanti a 64 piccoli terremoti avvenuti in Islanda il metodo ha avuto un'entità di successo di solo 14 per cento. Nella maggior parte dei casi, la prevista anomalia non si è manifestata e in sette casi l'anomalia è arrivata ma senza precedere attività sismica.
La ricerca di Claesson et alii (2004) ha rivelato precursori, non soltanto in radon, ma in 15 altri elementi e minerali, e questi sono stati attribuiti a processi di apertura e chiusura delle faglie, soprattutto in rocce fratturate e sature di acqua.
Valutazione della capacità premonitrice
Per quanto riguarda la generale abilità di prevedere i terremoti, e il ruolo specifico del radon, si può fare diverse osservazioni, come segue.
La generazione dei terremoti mette in moto processi geologici e meccanici assai complicati che danno luogo a sofisticati cambiamenti fisico-ambientali. Molti dei fenomeni che potrebbero dare luogo a precursori sono sepolti nella crosta terrestre e avvengono con temperature e pressioni altissime che impediscono sia il monitoraggio che la previsione. Perciò, rimane difficile prevedere eventi di cui gli elementi non sono facilmente replicabili.
Secondo il consenso scientifico, tutti i possibili precursori dovrebbero essere considerati, non soltanto alcuni a scelta. Così, fenomeni sismologici, meteorologici, elettrici, magnetici, geochimici, geodetici e idrologici sono implicati. Comunque, nel caso di Parkfield, California, un periodo di precursori negli anni '80 e '90 ha dato luogo ad un allarme sismico di durata 18 mesi e una previsione di un terremoto di magnitudo almeno 6,0. In questo periodo gli scienziati hanno monitorato fenomeni precursori intensivamente con ben 300 strumenti, ma il terremoto non è mai avvenuto (Mileti et alii 1994).
Molte delle migliori previsioni di terremoto, tramite radon o altri precursori, sono stati eseguiti dopo l'evento, tramite "backcasting", ovvero l'analisi post hoc di collezioni di dati. Un caso molto ben conosciuto di quello del terremoto che avvene a Kobe il 17 gennaio 1995. Molte analisi dopo l'evento hanno rivelato fenomeni precursori (vedi ad es. Nagai et alii 2002), ma prima del sisma non si cercava queste indicazioni perché le iniziative di previsione erano concentrate in altre parti del Giappone.
In sintesi, per alcuni casi il radon si è rivelato un buon precursore, ma ci sono pochi studi della sua affidabilità. Quello islandese sopracitato (Hauksson e Goddard 1981) non da buone speranze.
Previsione e preavviso
La lunga esperienza dei processi di previsione dei terremoti del Servizio Geologico statunitense (USGS) rivela che in molti casi le probabilità di avvenimento del sisma sono basse, e le 'finestre di tempo' della validità della previsione sono lunghe. L'imprecisione dei dati non aiuta a destare una risposta ottimale da parte dei beneficiari della previsione, ovvero le popolazioni a rischio (Geller 1997).
In ogni caso il problema della previsione a corto termine dell'evento sismico catastrofico è secondario a quello dell'uso che verrebbe fatto della previsione. Il termine 'preavviso' può essere definito come "una raccomandazione o un ordine di compiere un'azione in base ad una previsione a corto termine" (Alexander 1993). I preavvisi consistono in componenti fisici, amministrativi e sociali (vedi figura). Così, un allarme scientifico deve essere interpretato dalle competenti autorità di protezione civile e, se è il caso, l'informazione viene trasformato in una forma operativa e trasmessa al pubblico, il quale sarebbe tenuto a darsi all'autoprotezione.
La mancanza di qualsiasi dei tre componenti rende il preavviso inoperativo e potenzialmente pericoloso. Quindi, non è sufficiente informare la popolazione di un'anomalia scientifica se non ci sono solidi piani di evacuazione, accoglienza e messa in sicurezza. Inoltre, mentre i fenomeni precursori potrebbero essere chiari, i loro tempi di operazione e di validità non sono così facilmente interpretabili. Se si tratta di un fenomeno che vada avanti per mesi, non si può pensare che ci sia, da parte della popolazione a rischio, una lunghissima reazione temporanea che comprende la sospensione delle normali attività e l'interdizione di luoghi, prevalentemente urbani, che sono considerati pericolosi.
Nel campo della previsione dei terremoti il senno di poi è una triste afflizione. Ciò che è visibile o interpretabile dopo l'evento non lo è in ogni caso prima. La strategia più saggia sarebbe di concentrare gli sforzi sul potenziamento delle misure a medio e lungo termine, cioè la riduzione del rischio sismico, la pianificazione di misure per soccorrere e tutelare le popolazioni a rischio, e forse in terzo luogo il miglioramento dei collegamenti tra i lati tecnico, amministrativo e sociale del sistema preavviso. Prima di poter utilizzare le informazioni precursori sui terremoti in atto, bisogna creare una cultura di sensibilità al rischio sismico e di autoprotezione. Altrimenti, le previsioni comunque non sarebbero utilizzabili.
Citazioni
Alexander, D.E. 1993. Natural Disasters. Springer, London and Routledge, New York, 632 pp.
Claesson, L., A. Skelton, C. Graham, C. Dietl, M. Moerth, P. Torssander e I. Kockum 2004. Hydrogeochemical changes before and after a major earthquake. Geology 32(8): 641-644.
Costa, G., G.F. Panza e I.M. Rotwain 1995. Stability of premonitory seismicity pattern and intermediate-term earthquake prediction in Central Italy. Pure and Applied Geophysics 145(2): 259-275.
Dearing, J.W. e J. Kazmierczak 1993. Making iconoclasts credible: the Iben Browning earthquake prediction. International Journal of Mass Emergencies and Disasters 11(3): 391-403.
Galadini, F. e P. Galli 2000. Active tectonics in the central Apennines (Italy): input data for seismic hazard assessment. Natural Hazards 22(3): 225-268.
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Nagao, T., Y. Enomoto, Y. Fujinawa, M. Hata, M. Hayakawa, Q. Huang, J. Izutsu, Y. Kushida, K. Maeda, K. Oike, S. Uyeda e T. Yoshino 2002. Electromagnetic anomalies associated with 1995 Kobe earthquake. Journal of Geodynamics 33(4-5): 401-411.
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Virk, H. S. e B. Singh 1994. Radon recording of Uttarkashi earthquake. Geophysical Research Letters 21(8): 737-740.
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