Scrivo questi appunti in mezzo ad una crisi senza precedente che comprende il più lungo stato di fermo obbligatorio (
groundstop) della storia dell'aviazione civile in Europa. Scrivo da un alloggio di fortuna mentre aspetto la possibilità di tornare in Italia da Londra. Mentre sarebbe troppo presto trarre conclusioni da questo avvenimento, alcune osservazioni preliminari possono essere fatte.
Le forme di eruzione vulcanica esplosiva denominate
vesuviana,
pliniana e
ultrapliniana sono in grado di penetrare la stratosfera e iniettare ingenti quantità di minuscoli particelle di vetro vulcanico, le quali possono rimanere sospese per parecchi giorni. Inoltre, come ha dimostrato l'eruzione del vulcano messicano El Chichón nel 1982, anche i gas vulcanici come l'acido solforico, possono danneggiare severamente gli aerei (Bernard e Rose 1990).
Gli incidenti più discussi sono quelli del 1982 quando due velivoli Boeing 747 in volo da Giacarta all'Australia che hanno sofferto lo spegnimento dei motori e una rapida e involontaria discesa quando hanno volato nel piume di ceneri prodotto dall'eruzione di Galunggung (Tootell 1985) e quello del 1989 in cui un Boeing 747-400 ha subito un analogo impatto (con US$80 milioni di danni) mentre passava in mezzo ai ceneri dell'eruzione di Redoubt Volcano (Casadevall 1994a), Alaska. In tutte e tre casi, l'incidente ha raggiungo il livello 4 su una scala (la "Ash Encounter Severity Index", AESI--ICAO 2001) da 0 a 5 (scontro dell'aereo) di pericolo al volo di fronte a effetti vulcanici.
Comunque, in 25 anni sono 8 incidenti di livello 4 sono successi (ICAO 2001), in confronto con 43 di livello 2 (danni moderati, ma funzionalità del velivolo non compromesso). Questi sono i tipi di impatto sugli aerei riscontrati (Casadevall 1994b):
* danni ai rotori dei motori a reazione
* abrasione dei vetrini della cabina di controllo
* abrasione delle superficie del velivolo, abbassando le sue prestazioni in volo
* compromissione del funzionamento della strumentazione a bordo
* danni ai sistemi di raffreddamento e di aria condizionata
* contaminazione del carburante.
Gli effetti sono potenzialmente catastrofici (Grindle e Burcham 2003), ma non è ancora successo un disastro di livello 5 dell'AESI, malgrado l'eruzione ogni anno di ben 50 vulcani su 500 potenzialmente attivi, e l'ubiquità dell'aviazione civile nel mondo.
Per iniziare, la sicurezza dell'aviazione civile di fronte all'emissione delle ceneri da vulcani in eruzione è un problema ben conosciuto che vanta di 25 anni di studio e diversi manuali (Shun et alii 2009) e simposi (Casadevall 1994b). I lavori pubblicati comprendono studi della teleosservazione delle eruzioni finalizzata al preavviso (ad es. Corradini et alii 2008), studi di particolari situazioni (ad es. Casadevall et alii 1996) e piani di emergenza per affrontare situazioni di particolare rischio o contingenza (ad es. CNMI 2009). Esiste un modello matematico di simulazione e monitoraggio del problema, PUFF, il quale segue la dispersione delle ceneri nell'atmosfera con una formulazione Lagrangiana di avvezione, caduta e diffusione turbolente (Searcy et alii 1998).
Il rischio costituito dai vulcani islandici è ben conosciuto (Pieri et alii 2002), ma in Europa del nord a metà aprile del 2010 si riscontra una notevole mancanza di pianificazione e una tendenza iniziale a sottostimare il rischio. Così, il registro nazionale dei rischi, vitale documentazione di pianificazione di emergenza del Governo Britannico (UK Cabinet Office 2010), non parla del rischio vulcanico all'aviazione. Infatti, l'unico rischio all'aviazione affrontato in tale documento è quello del terrorismo.
Riguardo l'eruzione di Eyjafjallajökull, il governo britannico ha convocato il livello "platino" di comando e controllo (COBRA, Cabinet Office Briefing Room, il livello più alto del sistema di protezione civile) alle 08 e 30 di Lunedì 19 aprile, per una crisi che ha avuto inizio a mezzogiorno di Giovedì 15 aprile. Il ritardo, a mio avviso, evidenzia una tendenza a sottostimare la crisi, una forma di
normalcy bias (Omer and Alon 1994) collettivo del Governo e dei gestori della protezione civile nazionale.
Non esiste sufficiente trasferibilità tra i vari mezzi di trasporto pubblico (aereo, treno, pullman, traghetto, ecc.), e non esiste in Europa un piano di contingenza per spostare masse di persone rimaste ferme per la cessazione di uno dei mezzi di trasporto. Il risultato è una risposta molto debole e inefficiente. Nel frattempo, alcune esigenze di spostamento, ad esempio il trasporto di midollo osseo da trapiantare, mettono vite umane in pericolo.
Nel Regno Unito il governo e i mass media parlano molto del rimpatrio dei cittadini britannici rimasti all'estero. Ma secondo qualsiasi principio di equità nei soccorsi dovrebbero parlare dello spostamento di tutte le persone in difficoltà.
Come stanno dicendo i rappresentanti dell'industria dell'aviazione civile, sembra che la strategia di chiusura totale degli aeroporti in fino a 22 paesi dell'Europa sia stata basata sull'avversione al rischio (Schneider 2006), più che sull'analisi accurata della situazione, la quale è arrivata dopo. L'uso di modelli di diffusione e della teleosservazione produce risultati sinottici e comprensivi, ma non necessariamente decisivi. A bassa concentrazione di ceneri è probabile che il problema maggiore sarebbe quello della manutenzione di superficie, strumenti e attrezzi soggetti all'abrasione e all'accumulo di particolati. Ma con il passo del tempo i costi dell'affrontare i rischi di volo diminuiscono rapidamente sotto quelli delle perdite quotidiane di guadagno per passeggeri trasportati.
In conclusione, ciò che serve è un piano europeo per affrontare futuri rischi all'aviazione dovuti alle eruzioni pliniane, e, dato vulcani come Vesuvio, Vulcano e Santorini, non soltanto in Europa del nord. Tale piano dovrebbe prescrivere rapida e decisiva azione, che comprende l'accurato monitoraggio scientifico del rischio e la programmata sostituzione dei modi di trasporto per meglio garantire lo spostamento delle persone che hanno necessità inevitabile di spostarsi.
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Casadevall, T.J. (ed.) 1994b.
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