giovedì 5 giugno 2008

Gestione dei disastri: anatomia e tendenze




Terminologia e definizioni

Per quanto riguarda la terminologia, la gestione delle emergenze (disaster management) è un campo minato. Gli accademici e professionisti hanno maturato almeno 7 scuole di pensiero.[1] Dato che ognuno di queste scuole abbia mantenuto un certo distacco dalle altre, la comunicazione tra le discipline è stata inibita dall'uso di una diversa gamma di definizioni dei termini fondamentali, ad esempio 'pericolo' (hazard), 'vulnerabilità' e 'rischio'. Inoltre, persino il nome del campo è soggetto a variazioni da un ambiente accademico all'altro. Nella Gran Bretagna, per esempio, 'disaster management' riferisce a diversi aspetti della protezione civile, la gestione dei rischi e le operazioni di scopo umanitario, e il nome non significa soltanto la gestione di eventi estremi e dannosi.

Un effetto dello scopo straordinariamente largo della disaster management è che gli esperti non riescano a mettersi d'accordo sulla definizione dei termini. Malgrado alcuni tentativi di unire le due fazioni, rimane un grande schisma tra le scienze naturali, fisiche e di costruzione, da una parte, e le scienze sociali dall'altra. In un commento su questo fenomeno il grande sociologo E.L. Quarantelli ha notato nell'introduzione del suo libro What is a Disaster? che:

"Se gli studiosi in questa area non sono d'accordo su se un disastro è fondamentalmente una costruzione sociale o un evento fisico, chiaramente il campo ha problemi intellettuali" (Quarantelli 1998, p. iv).

Comunque, in un lavoro precedente egli sosteneva che il dibattito è salubre:

"occuparsi di che cosa significa il termine 'disastro' non significa distrarsi con un esercizio accademico senza esito. È invece un modo di focalizzare l'attenzione in un modo fondamentale su cosa dovrebbe essere considerata importante e significativa..." (Quarantelli1995, p. 225)[2]

Lo scopo di questo rapporto non è quello di indagare sul significato di disastro o di aggiungere materiale al dibattito sulla terminologia. Comunque, dato che l'identità di qualsiasi inziativa futura dipenda fino ad un certo punto dal nome adoperato, vale la pena condurre una breve recensione dei termini e come essi vengono interpretati.

Disaster management viene preferito in Gran Bretagna ma a livello mondiale non è accettato come termine "ombrello". A suo favore, è un termine descrittivo facilmente interpretato che da enfasi all'approccio pratico che si adopera quando gli eventi devono essere gestiti. D'altronde, è troppo ristrettivo, siccome non abbraccia la pianificazione degli interventi collegati con i disastri, un processo che deve necessariamente precedere la gestione. Inoltre, il termine non abbraccia le emergenze in senso più largo, ed alcune emergenze richiedono una gestione particolare ma non diventano disastri. Infine, il termine non descrive l'approccio più largo di mitigazione e preparazione per gli eventi e ripristino dopo.

Emergency preparedness (preparazione per le emergenze) è il termine di comune uso negli Stati Uniti e viene usato quando disaster management sarebbe preferito in Gran Bretagna. Questo termine ha il vantaggio di abbracciare tutte e cinque fasi del 'ciclo del disastro' (mitigazione, preparazione, operazioni di emergenza, ripristino e ricostruzione) e per di più una gamma di dimensioni di evento che estende da piccole emergenze a grandi catastrofi. Comunque, non da enfasi alla gestione dei disastri come compito preeminente.

Protezione civile viene usato in molte parti del mondo per indicare tutte le attività atte a preparare per i disastri, gestirli e facilitare il ripristino a scandenza corta. Il termine è corrente nell'Europa, in Russia, Canada, America Latina e nei Caraibi. Esso ha il vantaggio di essere facilmente traducibile in francese, spagnuolo e italiano. In questo senso è un vero termine "ombrello" per il suo campo di riferimento. Comunque, non può essere facilmente applicato alla gestione degli aiuti umanitari, a meno che questa non prenda la forma di soccorso mutuo tra stati adiacenti. Ciò nondimeno, molti dei paesi che oggi sono teatri di operazioni umanitari domani avranno i propri servizi e sistemi di protezione civile. Alla fine, ci sarà in questo settore una convergenza tra il mondo ricco e quello dei paesi poveri.

La difesa civile fu l'antenato della protezione civile. È nata nelle precauzioni contro i raid aeree della Seconda Guerra Mondiale e durante la Guerra Fredda si è sviluppata in un sistema di misure atte a proteggere i governi e le popolazioni civili contro l'aggressione armata di poteri stranieri. Le circostanze hanno dimostrato che molti sistemi di difesa civile erano, non soltanto costosi e inefficaci, ma anche capaci di essere espropriati per motivi sovversivi. Essi potevano, infatti, essere usati per difendere i governi contro i popoli che governavano, per appoggiare colpi di stato e per sopprimere i diritti democratici. La protezione civile significa un sistema più aperta e partecipatoria, ed uno che copre una gamma molto più vasta di eventi contingenti, compresi i disastri naturali e tecnologici. Comunque, l'effetto del rinnovo dell'enfasi sull'aggressione armata (cioè il terrorismo), come si sta sviluppando negli Stati Uniti, è di respingere la protezione civile verso la difesa civile precedente. La maggior parte degli esperti in questo settore, compresi molti provenienti dall'America del Nord, vedono questo avvenimento come un passo retrogrado.

Homeland security è un termine che non ha guadagnato molto spazio fuori degli Stati Uniti. Esso abbraccia tutte quelle attività che contribuiscono alla sicurezza domestica, e quindi di coinvolgere l'industria della sicurezza, un settore in forte crescita, nonchè le attività anti terrorismo e le preparazioni per i disastri naturali e tecnologici. Comunque, non è il termine giusto quando, ad esempio, l'impatto dei disastri naturali è più profondo di quello delle violazioni di sicurezza o gli oltraggi terroristici.

La pianificazione e gestione delle emergenze (emergency planning and management) è probabilmente una frase più accurata degli altri in senso descrittivo, ma è troppo lungo per essere stato adoperato largamente. Per di più, esso viene iterpretato in diversi modi da diversi gruppo e quindo non dispone di un consenso su esattamente quanto del campo copre.

Gestione delle crisi (crisis management), pianificazione delle contingenze (contingency planning) e gestione dei rischi (risk management) sono termini che possono essere usati largamente e liberamente, ma in genere vengono usati specificamente nel contesto del controllo delle crisi e abbassamento dei rischi industriali e commerciali. Quindi, sono di valore troppo ristretto per fungere come termini ombrello per l'intero campo.

In sintesi, il campo continuerà ad essere chiamato disaster management in questo documento perché questo termine descrive il gruppo fondamentale di attività associate con la protezione civile e la preparazione per le emergenze. Comunque, bisogna notare che per implicazione la 'disaster management' include anche la gestione del rischio, la riduzione della vulnerabilità e la pianificazione delle emergenze. Infatti, molto più che nella gestione delle aziende e degli organi di governo, nei disastri ciò che serve è l'applicazione di procedure formulate e sperimentate prima dell'evento. Qualsiasi altra cosa e si scende nell'improvvisazione, un fenomeno che deve essere ridotto al minimo.

I protagonisti della protezione civile

Avendo considerato il 'nome del gioco', bisogna definire i protagonisti ed i partecipanti nelle attività di protezione civile. A livello di autorità locale, cioè quello più basilare nell'ottica della gestione delle emergenze, ci sono essenzialmente due tipi di professionista. Il 'disaster manager' tradizionale è bianco, maschio, di media età e reduce di una carriera militare. Egli manca dei titoli accademici di specifica rilevanza a questo campo, sebbene abbia probabilmente preso alcuni corsi brevi nel settore. Un variante di questa figura è l'attuale o ex-membro dei servizi di emergenza che ha scelto una carriera nella gestione delle emergenze, o come un secondo compito o come una nuova direzione nella sua carriera.

Questa figura, piuttosto stereotipo, viene man mano sostituito da quella di una persona più giovane, maschio o femina, di provvenienza variabile, che ha preso una laurea o un master in questo settore e lo sta affrontando come prima carriera. Mentre il primo gruppo è pieno di persone che sono poco formate accademicamente ma dispongono di tanta esperienza, all'inizio ai neofiti del secondo gruppo manca l'esperienza ma fino ad un certo punto riescono a compensare con la loro formazione (e alla fine riusciranno ad acquistare l'esperienza tramite il loro lavoro). Naturalmente, non c'è niente di male nel disaster manager come personaggio ex-militare o proveniente dai servizi di emergenza. Ciò che serve è raggiungere un certo equilibrio tra formazione, addestramento e esperienza del lavoro, tale da garantire un sufficiente livello di professionalita quando si cerca di ridurre i rischi, creare i piani di emergenza e gestire gli eventi estremi.

Disaster management in Europa

In molti sensi la gestione delle emergenze è ben sviluppata in Europa, ma ci sono alcuni difetti comuni, come rivela il seguente elenco:

- la mancanza di un sistema robusta e comprensiva atto ad incoraggiare metodi comuni e scambi tra i diversi enti che hanno responsabilità per la gestione delle emergenze;
- spesso, l'enfasi sulla pianificazione d'emergenza è insufficiente;
- no si impara abbastanza da altri paesi e non ci sono abbastanza collegamenti tra i sistemi di protezione civile dei vari paesi;
- i sistemi di protezione civile attualmente vigenti in Europa portano un'eredità di metodologie incombenti e atteggiamenti antiquati;
- una cultura inflessibile di ostruzionismo burocratico e segrettezza ufficiale riduce le opportunità di rendere la gestione dei disastri una cosa più democratica e di aumentare la partecipazione del pubblico nella preparazione per le emergenze;
- in parte non si riesce ad identificare le fonti di saggezza e esperienza e di sfruttarle;
- sembra che alcuni dei protagonisti della protezione civile europea siano diventati più interessati dalla gestione delle proprie reputazioni anzicché dai disastri stessi;
- con la rapida evoluzione del campo e le varie forze e tendenze di centrismo e sussidiarità, la legislazione in questo campo e spesso carente o contraditoria.

Questi difetti sono approfonditi dalla mancanza di direzione e di incoraggiamento da parte della Unione Europea. Nel campo della protezione civile la UE non ha stanziato ai suoi stati membri abbastanza direzione, coordinamento, risorese, e consigli. A Bruxelles, la responsabilità per il settore è divisa tra diversi Direttorati, compresi quelli che trattano di incidenti nucleari, problemi ambientali e rischi industriali. Di nuovo, non esiste tra le burocrazie della Unione Europea o della Commissione Europea un sistema adeguato alle esigenze per lo scambio di conoscenza, esperienze, tecniche e metodi gestionali. Eppure ci sono ampi segni che i paesi europei guardano alla UE e alla CE per un orientamento generale in questo campo, un bisogno che è destinato a crescere quando i 15 stati membri diventano 23.Malgrado queste osservazioni negativi, ci sono alcuni segni che la comunità europea stia prendendo atto della situazione per quando riguarda i rischi di disastro e che essa voglia migliorare le preparazioni. Viene detto comunamente che l'Europa non ha subito grandi cambiamenti nella protezione civile in seguito agli eventi del 11 settembre 2001. Comunque, ci fu una risposta ritardata che ha lentamente acquisito forza. In questo si può distinguere tra gli eventi negativi che hanno "spinto" il sistema verso il cambiamento (cioè, i disastri recenti) e l'effetto "trascinante" di innovazioni tecnici e organizzativi.

Nel senso negativo, l'impatto dei disastri è diventato sempre più serio. Negli ultimi 5 anni le tempeste e le alluvioni, ad esempio, hanno ripetutamente causato caos a gravi danni in Europa. Questi disastri stanno diventando sempre più costosi e stanno caricando sempre di più i sistemi di assicurazione contro danni ed infortuni e di gestione dell'ambiente, nonché i sistemi regionali di gestione delle emergenze. In Europa, le recenti alluvioni dei fiumi Oder e Reno hanno non soltanto causato grandi danni e perdite ma anche getato luce sulla necessità di aumentare ilm coordinamento internazionale della gestione delle emergenze. Le epidemie di afta e di SARS hanno rivelato la possibilità che l'Europa subirà nel futuro grandi epidemie e disastri epizootici. L'incapacità dei Britannici di gestire bene la recente epidemia di afta potrebbe essere ripetuta in altri paesi europei.

Anche l'abilità di gestire gli atacchi terroristici potrebbe essere minore dei fabbisogno potenziale. Pochi sono i servizi anti incendi e ospedalieri che sono in grado di gestire bene un attacco di terrorismo biologico. Malgrado decenni di esperienza con il terrorismo in Europa (problemi di separatismo basco e irlandese, gli "anni di piombo", ecc.), il pubblico è ancora poco coinvolto nella gestione delle nuove minacce alla sicurezza comunitaria e nazionale rappresentata dalle nuovi forme del terrorismo che stanno emergendo.

Più positivamente, la gestione delle emergenze in Europa sta gradualmente acquistando un senso maggiore di direzione. A livello di vertice, lo scopo e la gravità delle minacce sono stati ampiamente riconosciuti. Gli scenari di pericolosità, vulnerabilità, rischio e risposta di emergenza sono stati compilati. I legami europei saranno prima o poi stabiliti. Nel frattempo, la gestione dei rischi e la pianificazione delle emergenze stanno guadagnando terreno in senso professionale. Per di piu., la sicurezza è diventata una questione larga e importante nel mondo commerciale quanto lo è nella vita della comunità e nei circoli del governo.

Disaster management nel resto del mondo

Alcuni dei problemi e dei ritardi subiti in Europa sono comuni al campo della protezione civile nel resto del mondo. C'è una mancanza di standard comuni, generalmente accettati, per la pianificazione delle emergenze, la gestione dei disastri, la formazione e l'addestramento. Tradizionalmente, il campo sussiste con fondi minimi. Una volta finita, le emergenze vengono dimenticate dal pubblico e dei politici affinché non ritornino. Come risultato, il campo ha subito uno sviluppo molto saltuario. Le grandi catastrofi fungono come eventi catalitici che danno una spinta alla legislazione, alla pianificazione e ad altre applicazioni della protezione civile. Esse possono essere considerate "finestre di opportunità", che richiamano attenzione e risorse alla preparazione per le emergenze affinché il livello di interesse da parte del pubblico li permette (infatti, la maggior parte delle leggi sulla protezione civile segue i disastri che provocano un'ondata di attività legislativa). Potrebbe essere che le opportunità di sviluppare la gestione dei disastri in tutti e tre i modi (come una materia accademica, come un affare commerciale, come una funzione del governo), dependano fino ad un certo punto dall'avvenimento della prossima catastrofe. Comunque, se è così, si può fare ben poco a parte riconoscere che le opportunità possano arrivare senza molto preavviso.

Fino a questo punto la discussione si è focalizzato sulle dimensioni domestiche e europee, ma il problema ha un altro lato ancora. In quasiasi momento del tempo circa una dozzina di emergenze umanitarie sono in varie stati di sviluppo in diverse parti del mondo. I paesi europei sono coinvolti tramite le operazioni di soccorso, gli aiuti spediti ufficialmente, e il lavoro delle forze armate nel mantenere la pace, o unilateralmente o tramite le operazioni sponsorizzate dall'ONU. Queste "emergenze complesse", come sono state chiamate (cioè, i disastri caratterizzate dal fallimento dell'ordine militare, sociale, economico e amministrativo) saranno probabilmente più comune nel futuro. Infatti, il disordine sembra destinato a diffondersi sotto la spinta del crescente inegualità, e del fanatismo, della polarizzazione, della deprivazione, la vulnerabilità, e il prevalente impiego della forza per risolvere i problemi del mondo.

In sintesi, la disaster management è un campo che sta crescendo rapidamente in tutto il mondo. Il paese in avanguardia è indubbiamente l'America, la quale, almeno a livello federale, offre un modello ben definito di organizzazione che è stato adoperato da molte altre nazioni. Comunque, ci sono particolari problemi nell'applicare il modello federale a stati monolitici, dato la diversa spartizione dei poteri. In quasiasi caso, ci sono molte parti del mondo in cui il campo della gestione dei disastri è privata di fondi, in cui è poco sviluppato, e in cui è sotto la cura di organizzazioni o enti arrettrate o non ancora ben sviluppate. Quindi, esiste una domanda mondiale per servizi di formazione e consiglio, sebbene senza l'aggiunta di grossi finanziamenti per procurare tali servizi. Saranno alcuni anni prima che i governi si rendono conto che nonsi può beneficiare da un'organizzazione e una formazione adeguate tramite misure allestite a caso e a prezzo troppo basso.

La lezione di queste osservazioni è che, malgrado la crescente ricchezza delle opportunità, questo campo è perennamente sottovalutato e sostenuto con un'insufficienza di fondi. È una realtà consistente sia in Europa che nel resto del mondo. Il mercato per le consulenze, la formazione e l'educazione è quindi forte di interesse ma debole di sostegno finanziario.

Riassunto delle tendenze e delle opportunità nel settore

Oggi come oggi si può osservare le seguenti tendenze nella gestione delle emergenze:

(a) Da parte dei governi, c'è un rinnovo dell'interesse nel campo, il quale, però, non dispone ancora di sufficiente esperienza o organizzazione per portare il problema sotto controllo.Ai livelli nazionali, regionali e locali, gli organi del governo dovrebbero cercare aiuto dai professionisti del settore. Bisogna vedere, comunque, quanto questi enti sono disposti a pagare per tali servizi

(b) Molto probabilmente i disastri naturali, particolarmente alluvioni, tempeste e nevicate, diventeranno più costosi e più imponenti nel futuro rispetto ai loro impatti nel passato. Quindi essi solleciteranno maggiore domanda per aumentare il livello di preparazione e sicurezza, sebbene in un modo saltuario che varia con i disastri che avvengono. Sembra che nell'agenda politica la minaccia di un attentato terroristico abbia messo nell'ombra quella dei disastri naturali, ma sarà sicuramente solo un effetto provvisorio.

(c) I settori commerciali e industriali hanno cominciato ad interessarsi sostanziosamente nella gestione dei rischi e nel disaster recovery (sebbene questi termini non significano esattamente la stessa cosa nella pubblica amministrazione che significano nel settore privato. Il campo della sicurezza è cresciuto rapidamente, ma sembra che non abbia ancora capito in pieno il suo bisogno di pianificazione, formazione e addestramento.

(d) Il terrorismo è di nuovo una questione di maggiore rilievo, soprattutto rispetto alle nuove forme poco familiari che esso potrebbe prendere. Gli anni del terrorismo legato al separatismo hanno messo l'Europa all;'avvanguadia della lotta contro questo problema, ma la gestione di incidenti chimici, biologici, nucleari o radiologici potrebbe richiedere un approccio radicalmente diverso, insieme a nuove fonti di conoscenza. L'Europa guarda agli Stati Uniti per direzione, sebbene bisogna ricordare di nuovo che ciò che funzione in una nazione federale non sia necessariamente ideale per uno stato monolitico. Soprattutto, c'è bisogno di esperienza multidisciplinare che unisce i settori di logistica, sociologia, psicologia, ingegneria, fisica, chimica, scienze mediche, cartografia dei rischi e molte altre discipline. Il successo delle inziative dipenderà da quanto riescono ad unificare le diverse fonti di conoscenza.

(e) Le industrie di assicurazione e riassicurazione sono seriamente preoccupate dalla questione dell'assicurazione contro le catastrofi. Negli ultimi anni, le perdite nei disastri sono diventate eccessive, ma anche le opportunità di concludere affari sono cresciute a misura. Così la proporzione delle perdite finanziarie nei disastri ripagate dall'assicurazione è raddoppiata in 10 anni. C'è, comunque, una critica mancanza di capitale per sottoscrivere i rischi di catastrofe. Quindi, le compagnie dovrebbero cercare nuove fonti di esperienza per aiutarli a stimare i rischi di coinvolgimento in questo settore nel futuro. Purtroppo, molte compagnie di assicurazione non sono ancora particolarmente sensibili alla possibilità di collaborare con istituzioni accademiche, ed alcune hanno allestito dipartimenti di ricerca per conto proprio, nel caso della Compagnia di Riassicurazione di Monaco di Baviera, con grande successo.

(f) La domanda per la formazione in materia di disaster management è destinata a crescere. I principali clienti sono il settore della pubblica amministrazione, i servizi di emergenza, e le principali compagnie commerciali. I campo è ancora lontano da raggiungere lo stato di una vera e propria professione, ma sta andando in quella direzione. Esiste quindi una doppia domanda per educazione e formazione professionale e per gli standard. Comunque, dato che il campo non può vantarsi ancora dello stato di una professione, esso non può pretendere di ricevere una remunerazione a livello di quello degli ingegneri, medici, raggionieri e membri di altre professioni ben stabilite. Così, i corsi di formazione devono essere di breve durata e costo contenuto.

Note

[1] Geografia e antropologia, sociologia, psicologia sociale, economia e scienze attuariali , scienze geofisiche e di costruzione, medicina e epidemiologia, e studi dello sviluppo economico (vedi Alexander, D. 1993. Natural Disasters).


[2] Quarantelli, E.L. 1995. What is a disaster? International Journal of Mass Emergencies and Disasters 13(3): 221-229; Quarantelli, E.L. (ed.) 1998. What is a Disaster? Perspectives on the Question. Routledge, London, 312 pp.